Cambia il tempo

2 Ottobre 2022 0 Di wp_1499909

27 settembre –  2 ottobre 2022 Saintes – Sainte Luce sur Loire. 300 Km circa

Ormai siamo in autunno. Le temperature si sono abbassate notevolmente, non si arriva quasi mai ai 25 gradi e la mattina fa freddo. Ho cambiato la disposizione delle cose nelle borse: la roba leggèra dell’estate é finita in fondo, adesso pantaloni lunghi e gacchina, anzi giacchine sovrapposte alla partenza. E piove. Vado verso il nord, le piogge sono strane, intermittenti: pioviggina, piove più forte, rispunta il sole, ripiove… Se provo a bardarmi da pioggia, nel tempo che impiego a farlo ha già smesso; idem se mi tolgo tutto, nel frattempo ha ripreso a piovere. E quando questo succede nel nulla, devi scegliere. Io scelgo di bagnarmi, tanto quando fa così è anche perché c’è vento e il vento poi ti asciuga in breve tempo.
Verso sera, da qualche giorno, piove in maniera più consistente. Questo meteo mi sta costando: devo dormire al coperto e gli alberghi sono diventati cari, 60/70 euro é  considerato economico. Ho còminciato con i 73 euro di Saintes, poi i 49 di Rochefort, in un hotel che mi é apparso come un miracolo mentre cominciava a piovere forte e tutti qulli a cui avevo chiesto informazioni, app comprese, mi avevano detto che non c’era niente. Entro e chiedo: é completo! E invece salta fuori una stanza, se mi va bene, mi dice una ragazza orientale e me la vuole far vedere. Va bene, va bene, figuriamoci se mi metto a fare la schizzinosa! Poi è stata la volta dell’hotel Le Rivage a Castelaillon plage che, come si intuisce dal nome é sul mare. Un mare che mi appare davanti all’improvviso, magnifico e inaspettato, dando finalmente un po’ di sale ad una giornata inconcludente: dei 52 chilometri percorsi, almeno dodici, i primi, sono stati un “gironzolare” per Rochefort. Sono ritornata al “pont trasbordeur” che l’anno scorso avevo preso con Toby, e da lì ho sparso un pizzico delle sue ceneri nella Charente, poi ho perso i segnali della Velodyssée e, non sapendo più orientarmi, mi sono affidata alla malefica miss Google che mi ha fatto riattraversare la Charente… ma come?… per di più su un ponte trafficatissimo, con corsia ciclabile, sì, ma stretta e con un vento da paura. La discesa l’ho fatta camminando, quel vento mi avrebbe forse fatta cadere.
Ritrovata la Velodyssée l’ho seguita senza più guardare le mappe finché voilà,  girato un angolo mi sono trovata l’oceano davanti… e l’immancabile carrelet, il trabucco di qui.
Sono le cinque passate, meglio cercare alloggio. Trovo un’indicazione “chambres d’hotes” davanti a una villetta, suono, mi accordo per 50 euro con i proprietari che però, quando vedono Laila, mi dicono che non accettano cani, loro hanno un gatto, desolė 😑
Più avanti una signora che si ferma a coccolare Laila, mi consiglia questo hotel, anzi telefona pure. Hanno posto, accettano i cani, 62 euro. Vabbè,  speriamo che il tempo si rimetta perché con questi prezzi… E si rimette, già da stasera, nonostante il vento, ma almeno c’è il sole e, una volta sistematami in albergo, una passeggiata sulla spiaggia non ce la toglia nessuno, vero Laila? Per Laila é la prima vera volta in riva al mare; ci era già stata a La Coruña, ma era piccolissima e stava sempre in braccio. Qui invece può scorrazzare, assaggiare l’acqua di mare per accorgersi che non è buona da bere, giocare con le palline di spuma… qui le onde, quando si ritirano, lasciano una spuma densa e solida, una cosa che non avevo mai visto.

Anche oggi un po’ di dejá vu. La Velodyssée mi fa ripassare da La Rochelle, bellissima città. Nonostante non sia sabato, é giovedì, c’è una manifestazione, contro il carovita e in difesa dell’ambiente, mi informa un’anziana attivista a cui chiedo spiegazioni. Beh, “La Rochelle, belle et ribelle”, avevo letto su qualche pannello lo scorso anno.
Ho scoperto che la voie du littoral parte da Brest, se la seguissi al contrario? Almeno troverei qualche accueil pelerins. Li cerco infatti, ne trovo uno senza numero di telefono, metto l’indirizzo sul navigatore: è ancora presto, vado e chiedo lì. É presto si, ma si sta mettendo a piovere. Sono, come al solito, nel nulla. Provo a vedere se nelle belle casette lungo la strada c’è qualcuno. Ma no, sono tutte disabitate? Le uniche presenze umane sono due vecchi, un uomo e una donna, che non sanno darmi nessuna indicazione. Nemmeno se la gite iris, indicata da una freccia, esista e se è qui, visto che c’è un inquietante “30 km” scritto con la vernice nel suolo. Me lo sa dire un signore poco più avanti: la gite esiste. La raggiungo: è completa, un altro “desolèe” della proprietaria, questa volta sincero. La signora si innamora a prima vista di Laila, la accarezza, la coccola. Le dico speranzosa che ho una tenda, lei va a chiamare suo marito che mi trova un posto coperto dove piazzarla, visto che minaccia pioggia (qui la sera piove sempre). Mi aiutano pure coi paletti e Claudia, una degli ospiti che occupano i due appartamentini della gite, mi invita a cena. Quello con Claudia e i suoi amici è un incontro di quelli che non dimenticherò: a cena si parlano diverse lingue,  spagnolo con Claudia che è cilena, inglese con Karim e suo marito Thomas, tedeschi (Thomas parla anche un po’ di spagnolo), francese con Joaquim, il compagno di Claudia, loro sono simpaticissimi, mi chiedono un sacco di cose del mio viaggio, soprattutto Thomas, anche lui cicloturista.  Laila trova un amico, Tupac, il chiwawa di Claudia, e qui per lei è una festa: non ci sono pericoli, quindi può correre senza guinzaglio.A dormire in tenda comincia a fare un po’ freddo; non tanto sotto la tenda, ma quando l’ho dovuta smontare, la mattina presto, brrr che freddo! Colazione con addii dagli amici di ieri sera, foto ricordo con loro e i proprietari della gite e si riparte, per una volta col sole, lungo le ciclovie de “La Vendèe a velo”, dopo avere sparso anche qui un po’ delle ceneri di Toby.  Non voglio ripercorrere tutta la strada dell’anno scorso sul mare per cui seguo le indicazioni per La Roche sur Yon e faccio una sosta pranzo in un ristorantino di Mareuil sur Lay Dissais, cittadina dal nome impossibile, ma molto carina, con una bella chiesa, il fiume e un po’ di servizi, tipo posta, bancomat… Mentre consumo il mio pranzo a menu il tempo comincia a guastarsi: grosse nubi nascondono a tratti il sole. Quando arrivo a La Roche sur Yon pioviggina, meglio fermarsi. Lascio a malincuore il centro per andare a cercare l’Ibis budget, che mi hanno detto non sia caro. Si trova vicino ad un grande centro commerciale, lo intravvedo già,  ma prima ancora mi trovo davanti un “Premiere class”, un hotel economico con il prezzo scritto a grandi cifre luminose, 49 euro. Ok. Chiedo ed ottengo una stanza a livello strada perché non c’è un posto dove lasciare la bici: la metterò nella camera, già piccolissima, con tutto un lavoro di incastri. Piove, of course, qui verso sera piove sempre; approfitto del centro commerciale per comprare la pappa di Laila e una radler per me e, a cena, faccio fuori tutte le mie scorte alimentari, rimandando all’indomani la visita del centro.
La mattina dopo lascio l’hotel dopo aver fatto colazione e chiesto e ottenuto di asciugare i miei vestiti da bici, ancora umidi, nella loro asciugatrice. Non sono poi così male gli hotel di queste catene econimiche, spero di incontrarne ancora!
La Roche sur Yon è la capitale della Vandea, una città grandina, ma nienre di che. Certo, ben tenuta come tutte le città francesi, ma priva di elementi di interesse; piena, in compenso, di centri commerciali. In uno di questi c’è la Decathlon, vado a vedere se trovo dei pantaloni da bici lunghi, ma leggeri, perché quelli che sto usando si stanno per rompere. Niente.
E piove, oggi già dal mattino. Parto con indosso i pantaloni impermeabili e la giacca da pioggia, che terrò per tutto il giorno. All’ufficio del turismo mi danno una mappa della Vendée a velo con l’aiuto della qale mi studio un percorso verso Saint Nazare senza passare per Nantes, tanto Soazig e Thierry, che l’anno scorso mi avevano ospitato con Toby e che pensavo di andate a trovare, sono in vacanza e tornano domani. Peccato, li avrei rivisti proprio volentieri, li manco solo per un giorno 😟

E invece tornano oggi, come mi scrivono in un Whatsapp che leggo durante la sosta pranzo su una panchina di pietra a Genetouze, uscita provvidenzialmente dalla ciclabile. Miss Google mi dà una distsnza di 66 km e sono le due del pomeriggio: avendo la sicurezza di un posto dove dormire, ce la posso fare.
Dopo dieci chilometri percorsi lottando contro le bizzarre indicazioni delle Google maps,  quando finalmente raggiungo la strada, i chilometri mancanti sono ancora 66. Mai fidarsi di miss Google: lei ti indica il percorso più breve, senza nessuna cognizione di com’è questo percorso, per cui tralascia spesso le ciclovie, che hanno un buon fondo per pedalare e sono bene indicate, ma magari ti fanno allungare di qualche chilometro; in compenso ti suggerisce “scorciatoie” su sentieri a volte impossibili, con fondo sabbioso o pietroso e a volte con forti dislivelli. Ma risparmi un mezzo chilometro… in compenso ci  impieghi il triplo del tempo! Se poi sei pure costretta a smontare il carrellino e le borse…!
Vabbè, imposto Google maps in modalità auto (bisognerebbe sempre farlo di sera o con la pioggia) e riparto. A Nantes ci arrivo verso le nove di sera, ma mi mancano ancora 13 chilometri perché Soazig e Thierry vivono a Sainte Luce sur Loire, un po’ fuori Nantes. Prendo il telefono per avvisarli che sto arrivando e trovo un loro Whatsapp in cui mi offrono aiuto. Li chiamo, dico che ormai mi manca poco e posso farcela da sola, ma loro si offrono di venire a recuperarmi. Hanno una Scenic bianca con rimorchio per la mia bici, mi informa Soazig.  Mando loro la mia posizione e li aspetto al riparo dalla pioggia sotto la pensilina di una fermata di autobus. Arrivano con due macchine, e col rimorchio. C’è anche Aina, la loro deliziosa nipotina di quattro anni, ansiosa di conoscere Laila. Mi sento in famiglia, sono felice di avere potuto rivederli. Gli incontri che si fanno viaggiando così lasciano il segno, non si esauriscono quasi mai al momento della partenza. Come l’anno scorso con Henry e Chantal, che mi avevano ospitato l’anno precedente in una zona senza niente, per rivedere i quali mi sono inflitta le salite del Morvan, arrivando anche lì alle dieci di sera.
E oggi, domenica, mi fermo da loro. Vado con Thierry al supermercato, cucinerò gli spaghetti aglio, olio e peperoncino, ho già lavato tutto e lascerò qui qualcosa che non potrò più usare per potermi comprare, domani a negozi aperti, qualcosa di più adatto alla stagione.


E con oggi si conclude la parte “di avvicinamento”: il viaggio vero, verso la Bretagna, inizierà domani.