Serbia
21 – 22 ottobre 2023. Kremna, Tara National Park, Valjevo, Mionica.
Alla fine di una giornata piovosa, ma con molte tregue e qualche sprazzo di sereno, in Serbia ci sono arrivata sotto una pioggia battente. Ho trovato quasi subito l’indicazione di un camping con la scritta “Open” e mi ci sono fiondata. Per fortuna era aperto per davvero. Erano presenti due uomini e una cagnolina, una bulldog francese di nome Betty a cui Laila ha subito ringhiato perché c’era per terra la ciotola della sua pappa. Sua di Betty; Laila è una cagnolina dolcissima e amichevole, ma se c’è il cibo di mezzo diventa “feroce”. Oddio, lo diventa anche per altri motivi, ma solo con me: è arrivata a mordermi, facendomi anche parecchio male, quando ho toccato qualcosa che lei considera suo, tipo cercare di rimettere a posto il telo sul sedile della macchina con lei sopra. Che caratterino! Tornando al camping, mi chiedono 12 euro più altri cinque se voglio la corrente. Visto che piove parecchio, mi viene proposto in alternativa un bungalow al costo di 30 euro. Affare fatto! Il bungalow è poi un grazioso villino, con tutti i confort… cucina, bagno, camera da letto, perfino la lavatrice! Fa freddo, ma mi viene accesa la stufa a legna che permetterà anche al mio bucato di asciugarsi durante la notte. C’è il wifi, cosa chiedere di più? L’indomani mattina non c’è più una nuvola: il cielo è azzurro e splende in bel sole. Parto alla scoperta della Serbia sotto i migliori auspici. Anche per i venti di guerra col Kosovo non c’è da preoccuparsi, mi hanno detto qui. Il Kosovo è Serbia, dicono, sono gli americani a fomentare dissidi che poi dissidi non sono, fa solo comodo a loro farlo credere al mondo. Quindi, mi dicono, via libera anche per il Kosovo. Il campeggio di trova a Kremna e lì vicino c’è il Tara Natural Park. Tara, in Montenegro è il nome di un fiume, quello del canyon spettacolare, mentre qui in Serbia è il nome di una montagna. Parcheggio la macchina davanti a un bar ristorante dove faccio colazione, monto bici e carrellino e parto alla volta di in monastero poco distante che si rivela non essere un granché. Poi cerco altri percorsi, ma finiscono tutti nel nulla. Ci sono indicazioni di sentieri da fare a piedi, con l’avvertimento di non lasciarli i sentieri per la presenza di orsi. Lasciamo perdere, ritorno alla macchina e riparto. In Serbia la natura la fa da padrone, almeno in questa zona: ampli spazi aperti senza traccia di presenza umana, solo di tanto in tanto compare una fattoria, una casetta isolata, e questo per chilometri e chilometri; non trovo neanche una pompa di benzina, meglio non partire in riserva qui 😅. Dopo Bajna Basta, primo paese incontrato uscendo dal parco verso le tre del pomeriggio, mi godrò il tramonto dalla terrazza panoramica su un passo di montagna raggiunto dopo avere seguito il corso della Drina, bel fiume lungo il quale si poteva trovare solo qualche area pic nic ben attrezzata: ogni tavola aveva accanto il suo bravo barbecue. Scendo a fare assaggiare a Laila l’acqua del fiume e vedo tracce di un servizio bar probabilmente funzionante durante la stagione estiva. Poi la strada abbandona il corso del fiume e cominciano i tornanti, fino al passo; inizia la discesa fino a Valjevo, città abbastanza grandina, con strade, negozi, bar, gente… la vita insomma. Ci arrivo che è già buio, me la giro un po’ e poi punto su un parcheggio suggerito da Park4night a Mionica, accanto a un centro sportivo, mangiucchio qualcosa che ho con me, apro la tenda e a nanna.
Campeggio tra gli ulivi Il villino di stanotte, fuori… … e dentro Il.monastero Attenti all’orso! Bajna Basta La Drina Ilnpasso Valjevo
23 ottobre, lunedì
Mionica
Credevo fosse un paesino Mionica, almeno da come lo descrivano su Park4night, invece è una bella cittadina, con un territorio abbastanza esteso. Vedo dalla cronologia di Google Maps che anche il monastero lungo la strada che mi fermo a visitare appartiene a Mionica. Una curiosità serba: i cartelli stradali che indicano l’inizio di un centro abitato non ne riportano il nome come da noi, ma sono bianchi con uno skiline nero. Carini.
Risveglio a Mionica … nel parcheggio del centro sportivo il monastero
Hobbit house
Ritorno alla macchina e imposto sul navigatore (mappe offline) “Belgrado Different” che Park4night descrive come un campeggio grazioso, ma difficile da raggiungere attraverso una stradina sterrata. Nel paese, noto sulla strada un’indicazione per la Hobbit house che mi incuriosisce. Avrei fatto bene a seguirla, ma non sapevo che fosse un’altra parte del nome del campeggio a cui ero diretta. Seguo invece le indicazioni dello stupido Google Maps che mi dice di girare a sinistra in una stretta stradina in discesa che termina nel nulla regalandomi il problema di come tornare indietro. Spazio per le manovre per girare la macchina non ce n’è, l’unica è risalire in retromarcia. Percorsi faticosamente pochi metri, un cancello alla mia destra si apre e una ragazza mi invita in inglese ad entrare per girare la macchina. Grazie! Mi dice che le indicazioni di Google Maps sono sbagliate, che tutti quelli diretti al campeggio finiscono qui e mi spiega la strada giusta. Anche su questa mi sbaglio perché mi sembra impossibile dover girare a destra su una stradina sterrata stretta e rapidissima. Finisco nell’orto di un signore non molto simpatico che mi conferma che quella stradina conduce al campeggio. All’arrivo vengo accolta da Victoria e Igor, la coppia che lo gestisce. Il posto è molto particolare, tra il raffazzonato e il magico. C’è una casetta sull’albero, tavoli e panche fatte con bancali e vecchie assi di legno, c’è anche un’amaca e un canestro.con tanto di tabellone.Mi invitano a sedermi a bere un caffè con loro in quella che dovrebbe essere la cucina, fatta da loro come tutto il resto. Tutto all’aperto, tutto rustico… L’altra parte della cucina, quella con i fornelli è compresa fra la toilette e la doccia. Toilette senza scarico di acqua: c’è un secchio con della segatura anche quella autoprodotta da spargere dopo l’uso. Le avevo già viste in Francia. Insomma un posto fantastico, ma che richiede uno spirito di adattamento che non tutti hanno e che io ho sviluppato in anni di viaggi itineranti. Victoria e Igor sono russi, di un paese vicino a Mosca; lei parla un inglese tipo il mio, quindi ci capiamo, lui è taciturno, ma molto disponibile, sempre pronta ad aiutarti de ti vede in po’ in difficoltà. Victoria mi spiega il.funzionamento del tutto e mi porta a vedete la Hobbit house. Questo sì è proprio un posto magico: una casetta con le pareti di vetro sulle quali si arrampica la vegetazione; all’interno in grande letto, sedie a dondolo, pareti rivestite di legno, cucina con lavandino, frigo, fornelli… tutto! Niente doccia perché qui non c’è acqua calda e toilette interna nello stesso stile dell’altra. Non so ancora che ci dormirò qui domani sera.
Prima notte sotto l’albero Second notte…. …nella Hobbit house
È ancora presto: colloco la macchina sotto la casetta sull’albero, monto bici e carrellino e parto con Laila ad esplorare il.paese sulla strada. E qui succede il patatrac. Sul metro e mezzo di discesina ripidissima prima di immettersi sulla stradina asfaltata, l’aggancio del carrellino si spezza di netto. Ho bisogno di un fabbro che me lo ripari. Victoria viene con me a Belgrado a cercarlo. Belgrado, o almeno quello che si vede della città arrivandoci dalla periferia, corrisponde al mio immaginario sui paesi dell’area sovietica: alti palazzoni grigi, grandi strade trafficate, grigie pure loro. Avvicinandosi al centro ci si rende però conto, per esempio, del fatto che è piena di parchi, c’è tantissimo verde. Con molta difficoltà troviamo un ciclista che mi dà l’indirizzo di un posto dove, secondo lui, mi possono risolvere il problema, ma adesso è già chiuso. Ok, domattina. Per la cena propongo di cucinare io degli spaghetti aglio, olio e peperoncino. Insomma, spaghetti e aglio ok. L’olio è di semi, il.pepetoncino è paprika piccante e il formaggio sembra pangrattato, ma è comunque un successo e per me un regalo poter mangiare un piatto di pasta.
24 – 25 – 26 ottobre, martedì, mercoledì e giovedì
Belgrado
La ricerca del fabbro si sta trasformando in una caccia al tesoro: in ogni posto non trovi l’agognato artigiano, ma solo un altro indizio per arrivarci. Alla fine ho dovuto desistere e mi sono dedicata completamente alla città. La Stari Grad è molto caratteristica, piena di localini e di vita. Noto che qui nei Balcani ci sono tanti giovani, tanti bambini, molto più che da noi. Speravo di aggiustare il carrello e farmi in bici la ciclabile lungo il Danubio e la Seva, i due fiumi di Belgrado e di vederne la confluenza. Vabbè, ci vado a piedi, ma con le giornate che ormai si accorciano ogni giorno di più, al Danubio ci arrivo col buio. Il ponte che lo attraversa è illuminato con i colori rosso, bianco e blu, quelli della bandiera serba. L’effetto è comunque magnifico e poi anche sul lungofiume, dove c’è una bella ciclabile, sob!, è pieno di ristoranti; mi fermo a cenare in uno di questi e poi me ne ritorno alla macchina e alla Hobbit house, una trentina di chilometri. Stavolta non mi faccio fregare dalle Google Maps, mi ricordo in quale strada devo girare a sinistra. Ma l’imprevisto è sempre in agguato. Giunta al punto dove dalla stradina asfaltata bisogna girare a destra per la Hobbit house, lo stesso dove ieri ho rotto l’aggancio del carrellino, faccio manovra per prendere la curva un po’ più larga… e finisco con le ruote anteriori della macchina nella scarpatella, bloccando pure la strada, ma questo non è un grande problema, di qui non credo passerà nessuno almeno fino a domattina. Vado a svegliare Victoria ed Igor ed insieme, fino all’una di notte, cerchiamo di disincagliare la macchina, saliamo perfino a chiedere aiuto alla stazione di servizio… fino a domattina niente da fare. Così passo la notte nella casetta dell’hobbit.
Entrata in Belgrado Belgrado centrale La zona commerciale moderna ricorda la nostra piazza Gae Aulenti … e questo palazzo l’architettura fascista Verso il centro La cattedrale di S. Giorgio Omaggio alla Omaggio alla 🚲 Giochi di luce Il Danubio finalmente! Laila ed io ceniamo qui 🙂
La mattina dopo riproviamo, inutilmente. Penso che non mi resti altro da fare che chiamare il soccorso stradale della mia assicurazione. Sì, ma come? Non ho abbastanza credito per attivare una cosa con la Vodafone che mi permetta di chiamare l’Italia. Aspetto l’orario di apertura della mia filiale e chiamo Fabio, il mio assicuratore di fiducia. Mi dice che il soccorso lo devo chiamare io, che comunque dovranno parlare con me per la posizione; non si può fare con WhatsApp? No. Allora chiamo la Vodafone, ho quasi sei euro di credito, non bastano per una telefonata? Mi mancano pochi centesimi ai sei euro, bontà sua la ragazza che mi risponde me li accredita e così posso attivare ‘sta cosa che mi dà diritto a 15 minuti in entrata e altrettanti in uscita per le chiamate più un po’ di Mega, non Giga. Il soccorso stradale però mi mette in attesa con un pezzettino di Beethoven che si ripete fino allo sfinimento facendotelo odiare. Nel frattempo arriva Victoria a dirmi che entro un’ora arriverà l’aiuto da Belgrado. Penso ad un carro attrezzi e mi chiedo quanto mi costerà, ma adesso la priorità è tirar fuori la macchina, altrimenti sono a piedi. A piedi, pensa te! Auto e bici entrambe fuori uso. Ma il soccorso di Victoria è quello di un loro amico che cercherà di tirarmi fuori con la sua jeep. Nel frattempo si sono aggiunti un vicino, Tom, che con attrezzi da muratore sta cercando di spianare il terreno sotto le ruote e un ingegnere diretto alla sua casa poco più giù. Trasportava dei lunghi parallelepipedi cavi di ferro e con quelli sono riusciti a creare un piano inclinato su cui fare scorrere le ruote. Evvai, auto liberata! Applausi, abbracci, vorrei invitarli almeno a bere qualcosa in un bar su in paese, ma hanno tutti da fare. Chiedo se conoscono un fabbro per il carrellino e stavolta sono fortunata: l’ingegnere ha uno zio fabbro proprio vicino a casa sua, mi ci porta e mentre aspettiamo mi offre un caffè e chiacchieriamo un po’. Lui vive a Belgrado con la famiglia, questa è la sua casetta di campagna. Lo zio fabbro ha finito il suo lavoro e posso ripartire: direzione Belgrado per pedalare lungo i fiumi. Victoria, Igor e Tom mi aiutano a trasportare la scaletta e il frigo alla macchina e, nel momento del commiato, Tom mi offre un mazzo di fiori colti nel suo giardino 🙂❤️
A Belgrado trovo un parcheggio vicino al bar con wifi di ieri, ci faccio colazione e finalmente monto il tutto. Non so come, perdo una delle due mollettine laterali dell’aggancio appena riparato. Vabbè, non sarà così importante. Probabilmente invece lo era perché, percorsi neanche trecento metri l’aggancio si spezza di netto, stavolta si piega perfino. Lego bici e carrellino e torno a prendere la macchina. Belgrado addio! E addio anche alla Serbia, ma non per oggi, non ancora. Imposto Timisoara, Romania, sul navigatore. Faccio una sosta cena raffazzonata perché non trovo un posto dove mangiare aperto a Kovin, un paesone dove arrivo che è già buio, e sono solo le sette. Tra qualche giorno con il ritorno dell’ora solare, saremo a posto! Comunque vedo che la gente qui ci è abituata alle giornate corte perché tutti svolgono le loro attività all’aperto incuranti del buio. C’è chi corre, è normale andare in bicicletta, i parchi giochi sono pieni di bambini con le loro mamme; non come da noi dove quando fa buio al massimo si va per negozi o locali. Lasciata Kovin mi cerco un posto dove andare a dormire. Passo per tutta una serie di paesini tutti uguali. Praticamente tu percorri una strada tra i campi e ad un certo punto compaiono ai due lati qualche casa, la chiesa e la scuola e questo è il paese. Quello dove mi fermo, parcheggiando la macchina davanti a una casa abbandonata, si chiama Stara Palanka. Lo scoprirò la mattina dopo leggendo il nome di un cartello di fine centro abitato dopo aver cercato inutilmente di prendere il ferry che attraversa il Danubio. Il ferry mi porterebbe in Bulgaria, mi spiegano alcuni operai che stanno sistemando la stradina lungo il fiume. Bisogna prendere il ponte, cosa che avrei voluto evitare. E così per la terza volta mi rifaccio la strada di ieri, abbandonata per il ferry che, secondo le Google Maps per la Romania andava bene. A chi credere?
Il 26 ottobre lascio la Serbia. Ieri sera mi sono sfogata a telefonare ai figli con i 15 + 15 minuti, In Serbia ci ho passato comunque buona parte della mattinata. Mi sono fermata a fare un giro per Vrsac, città interessante. Bye bye Serbia.
Kovin Stara Palanka Vrsak Bye bye Serbia
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