Le Finistere

29 Ottobre 2022 1 Di wp_1499909

16 – 24 ottobre  2022. Quinquis – Concarneau – Loctudy – La Torche – Plouhinec – Plogoff – Poullan sur Mer – Chateaulin – Brest. 360 km circa

Concarneau è già Finistere, la fine delle terre conosciute prima della scoperta dell’America. E il Finis terrae francese è una regione selvaggia, in cui si respira l’infinito: grandi spazi aperti sull’oceano che qui torna ad essere sconfinato, come nelle Landes, non ricco di insenature, di calette, di isole come nel Morbihan. Ed è il regno dei surfisti. La Torche è  la spiaggia più famosa in Francia per questo sport e a La Torche ho dormito in una gite d’etape per surfisti gestita da Stefanie, una simpatica biondina che parla bene l’italiano e che ha accolto Laila con amore…  al momento della buonanotte mi ha detto che Laila le mancava già al pensiero che domani sarebbe ripartita.
A Pont Aven e poi a Concarneau ci sono purtroppo arrivata in un giorno di pioggia, ma anche la pioggia fa parte dell’incanto di questi luoghi. Ho pranzato al riparo sulla terrazza coperta di una creperie di Pont Aven, anzi ho cominciato lì,  per poi traferirmi all’interno perché faceva freddo. Non c’erano tavoli liberi, l’ultimo era stato appena occupato da un ragazzo che mi ha detto che non era un problema che mi sedessi con lui. Gli è sfuggita, nonostante il suo francese perfetto, un’espressione italiana a proposito di Laila e così è saltato fuori che è italiano anche lui, pugliese, della zona di Alberobello. Attualmente vive e lavora a Rennes ed ha approfittato di un weekend un po’ più lungo per visitare questa zona. È alloggiato all’auberge de jeunesse di Concarneau, mi spiega dov’è,  ma sembra che non accettino i cani. Infatti. Mi indicano un campeggio aperto, appena fuori Concarneau, ma le mobile home le affittano per minimo tre giorni e siccome ha piovuto e pioverà, non me la sento di montare la tenda. La gentile receptionista telefona all’Ibis budget… addio serata in giro per le stradine della città vecchia, ma vabbè, l’ho comunque vista passandoci: il porto in cui sono sbarcata, il castello… stasera, invece, villaggio globale, perché oltre a dormire in un Ibis, vado a cenare in un Buffalo grill lì vicino, che è per giunta convenzionato con l’Ibis ai cui clienti fanno il 10% di sconto 🙃

Il giorno dopo é la volta di Quimper, altra città in cui il commissario Maigret ha svolto qualcuna delle sue indagini. Ma non ritrovo alcuna atmosfera simenoniana in questa bella città; credo sia cambiata molto nel frattempo: moderna, ben tenuta, con un bellissimo centro storico, ma priva di quella cupezza che si intuiva dalle descrizioni dello scrittore, pioggia a parte, onnipresente in Bevagna. C’è un’interessante mostra sulla musica bretone a Quimper in questo periodo; mi ci dirigo e già la pregusto… ma come? Perché è chiusa? Perché è lunedì, giorno di chiusura. Un’altra persa, ho beccato quel 14% di probabilità contraria, mannaggia!
Lascio Quimper sotto la pioggia, lungo l’Odel che sfocia nell’Atlantico. Ho un foglietto con un itinerario suggeritomi da un’improvvisata compagna di pranzo con cui ho condiviso il tavolino davanti a una creperie del centro. Mi dirigo a Ile Tudy, collegata con un battello a Loctudy, ma mi tocca escluderla l’isoletta perché in questa stagione il battello c’è solo durante le vacanze scolastiche. Passo per Pont l’Abbé,  bella cittadina, ma non trovo niente per dormire. Una signora si ricorda dell’hotel du port, a Loctudy; e lo chiama: accettano i cani e hanno una camera. 69 euro che diventano 77 con la colazione e la tassa di soggiorno: effetto Covid: gli alberghi che ancora lavorano hanno aumentato i prezzi e non ti danno più la colazione che prima era quasi sempre compresa, adesso quasi mai. E sono sparite le colazioni a buffet con le quali rimediavi anche qualcosa per il pranzo, adesso solo caffè, latte, un croissant e pane, burro e marmellata. Devo quindi cercare di avere con me sempre un po’ di cibo e non é facile perché gli orari dei negozi francesi non si conciliano con i miei: o passo troppo presto o troppo tardi e li trovo quasi sempre chiusi. Lascio Loctudy per una volta senza pioggia; stasera Laila ed io dormiremo nella gite d’etape dei surfisti a La Torche (Plomeur), dove Laila, come ho già accennato, si converte nella star della serata. Quella del giorno dopo sarà una tappa lunga, anche per i quindici chilometri gratis per avere quasi subito sbagliato strada, fuorviata dalle sirene della solita, invitante, pista ciclabile e dalle indicazioni di un’antica cappella. Difficoltà a non finire fino a Plovàn dove, mezza morta di fatica … e di fame (sono quasi le tre), mi appare come un miraggio una creperie sulla spiaggia. Rifocillata, mi godo finalmente la pedalata lungo l’oceano sconfinato di questa zona che davvero ti dà un senso di infinito. E, siccome sul tardi è uscito il sole e i colori si tingono d’oro, proseguo fino a tardi senza preoccuparmi troppo di cercare un riparo per la notte. È quasi buio quando passo davanti alle finestre illuminate di una grande casa, dove un nutrito gruppo di persone sta cenando. Un’altra gite di surfisti, a giudicare dalle tavole e dalle mute stese ad asciugare? Busso e chiedo. Non è una gite, ma affittano camere e sono tutte occupate. Mi permettono di piantare la tenda nel grande giardino e posso pure usare doccia e toilette dei surfisti. E anche per oggi è andata!

Avevo deciso dall’inizio del giro in Bretagna di arrivare a Brest seguendo la costa… non volevo certo perdermi il punto più occidentale della Bretagna e di tutta la Francia, la Pointe du Raz, dove avrei sparso un pugnetto più consistente delle ceneri di Toby. Non so come, me ne sono dimenticata, così il giorno dopo ci sono ritornata, nonostante la pioggia e il vento: te lo dovevo Toby, tu hai percorso con me tutta la costa atlantica sotto la Loira, ma qui non ci sei arrivato; qui, au bout du monde, l’oceano adesso accoglie una parte di te.
Tornando dalla pointe, il vento si fa più forte, la pioggia infuria e mi fermo nel primo riparo che trovo, una bella creperie dove Laila ed io ci fermiamo fino all’ora della chiusura pomeridiana. Poi ci tocca proseguire sotto la pioggia, ma non per molto: fortunatamente esce il sole, pedalare torna piacevole e, giunta l’ora di fermarmi, in un bar di Poullan sur Mer, mi aiutano a trovare una chambre d’hotes in una bella casa immersa in un parco sul mare: vista spettacolare sulloceano che posso godermi direttamente dalla grande vetrata della mia camera, piena di begli oggetti, ma molto disordinata ed anche disorganizzata: in bagno mancavano la carta igienica e, soprattutto, l’acqua calda, così che la doccia ho dovuto rimandarla al matttino dopo. Probabilmente non si aspettavano che qualcuno si fermasse in questo periodo, ciononostante il simpatico prprietario di questa meraviglia mi ha messo in conto tutto, anche la birra e il po’ di affettato consumato a cena, cena autogestita perché me la sono dovuta preparare da sola tra mille difficoltà dato che non conoscevo ovviamente niente della casa. Protesto  un po’ e ottengo uno sconto di dieci euro.
Col senno di poi, la doccia al mattino mi viene bene, perché la prossima notte, una notte di pioggia, la passerò accampata sotto un gazebo davanti all’interMarchè di Chateaulin, dormendo in tenda, ovviamente vestita.
Chateaulin è sul canal de Nantes a Brest; speranzosa, penso di seguirlo fino a Brest, ma non ci arriva a Brest, si ferma qui. Insomma, ‘sto canal de Nantes a Brest non inizia a Nantes e non finisce a Brest!
Spettaclare questa parte occidentale della Bretagna aperta sull’oceano Atlantico, ricca di scogliere, di insenature e di vaste spiagge di sabbia, e anche piacevole da percorrere in bici perché, a parte qualche breve  strappo in salita, si pedala abbastanza agevolmente. Questo fino a Douarnenez, poi diventa veramente duro procedere verso Brest che, come mi ha spiegato Loic, si còmpone di tutta una serie di paesini e per procedere bisogna attraversarli tutti e da uno all’altro c’è sempre da scollinare. Del resto, per capire la difficoltà del percorso, basta guardare il contachilometri: se  in tutto il giorno hai percorso solo 30/40 chilometri a una velocità media a una cifra, e la massima é in un intorno dei 50 km/h, questo significa una cosa sola: forti pendenze. E quando ci si aggiunge la pioggia o, peggio, il vento… Il centro di Brest in bici lo si raggiunge attraverso le vieu pont e quando infuria le tempête, il vento di qui, percorrerlo diventa davvero un incubo. Nei tratti in cui la balaustra è di cemento ancora ancora si avanza con un minimo di riparo, ma in quelli in cui è aperta, tipo quella dei balconi, te la vedi veramente brutta. Io ho avuto paura, molta paura. Ero completamente sola su quel ponte, riuscivo a malapena a tenere in piedi la bici, al prezzo di uno sforzo immane; avanzare mi era impossibile e a questo si aggiungeva l’urlo agghiacciante del vento che sembrava quello dei dannati di qualche bolgia infernale. Urlavo anch’io, aiuto, a chi non so, più che altro era uno sfogo, tanto non c’era nessuno e anche se ci fosse stato non mi avrebbe sentita, il rumore del vento era troppo forte. Giuro, non pensavo che esistesse un vento così, non in Europa, altro che la bora di Trieste! Fortunatamente, dopo una decina di minuti che  mi sono sembrati un’eternità, é comparso un ragazzo che correva, faticando anche lui a mantenersi in equilibrio, e che mi ha aiutato a spingere la bici oltre quel tratto. Poi, quando mancavano sette chilometri alla meta, è arrivata la chiamata di Sita che mi invitava a ìnviarle la mia posizione così che Loic sarebbe venuto a recuperarmi col camion. Che sollievo! Che bello sapere di essere attesa! È la seconda volta, dopo Sylvie e Luc, e ieri sera a Brest ci sono arrivata solo per questo, perché loro mi aspettavano, altrimenti, col tempo e il percorso infami che ho trovato, mi sarei fermata molto prima. Ieri avevo scritto a Sita, la giovane nuora cambigiana di Muriel, pregandola di indicarmi un alloggio a Brest: mi ha risposto che lei e Loic mi aspettavano a casa loro ❤
Lungo il percorso, a Le Faou, village de caracter, l’incontro con Fabio, cicloviaggiatore italiano, di Viterbo, allestito più o meno come me, anche lui con carrellino, ma senza cane, solo per i bagagli. Ha già fatto un lungo viaggio, attraverso tutta la Scandinavia e procede nella diezione opposta alla mia. Anche lui, bello carico, viaggia intorno ai 10 km/h di media. Mi consolo; se penso a quei gasati della pagina Facebook dei cicloviaggiatori, da cui mi sono tolta, che si vantavano di fare 250 chilometri al giorno a 25 all’ora! Ma che cicloviaggiatori sono quelli lì? 
Domani la bici non la voglio neanche vedere; mi prendo un giorno di pausa e mi vado a visitare Brest, la capitale del Finistere, poi decido il da farsi. Se, come dicono, dovesse esserci un’altra intera settimana di tempo infausto, potrei decidere di tornare a casa o di proseguire in treno finché il tempo non migliora.

BREST

Me la sono girata per un giorno intero e hò cambiato più volte opinione su questa città. La prima impressione non è stata delle migliori, a cominciare dal vecchio ponte spazzato da quel vento terrificante. Quando la mattina dopo ho lasciato la casa di Sita e Loic dirigendomi a piedi verso il centro, non pioveva, anzi, a tratti c’era il sole. Poi è stato tutto un susseguirsi di cambiamenti repentini: splendeva il sole, faceva perfino caldo, e un attimo dopo cominciavi a sentire le gocce di una pioggia consistente. A volte durava pochi minuti, altre abbastanza a lungo da bagnarti ben bene.
Non si può dire che Brest sia una bella città: é completamente priva di centro storico, di antico le sono rimaste un paio di chiese e un castello. Come Lorient, altro porto militare, è stata quasi completamente distrutta durante la seconda guerra mondiale e adesso quindi è tutta moderna, ma non è priva di un suo fascino particolare, il fascino delle città di mare.
Quando Stia ha finito il turno nella boulangerie dove lavora mi ha raggiunta in un bar dove mi ero fermata ad aspettarla al riparo di una pioggia reale o eventuale sorseggiando una pessima cioccolata calda. Siamo poi scese al porto con la sua macchina e, insieme a Loic, abbiamo bevuto qualcosa in un altro bar.
Sita e Loic sono stati in Italia, a Roma, l’anno scorso in viaggio di nozze; spero che vogliano visitare anche Milano, città da cui Sita, come molti stranieri, é attratta per via dello shopping nel quadrilatero della moda.