La senda del Duero

4 Settembre 2022 0 Di wp_1499909

… altrimenti detta GR 14 o Eurovelo 1. É lunga 755 km e si dipana lungo il corso del fiume, dalle sorgenti, presso Soria, alla foce, un estuario in quel di Porto, attraverso Spagna e Portogallo.
Io la sto seguendo da Zamora, verso le sorgenti, nel mio cicloviaggio per ora verso la Francia. Queste le mie tappe:

2 settembre 2022. Faramontanos de Tabara – Zamora – Villaralbo. 65 km di cui sette lungo il Duero.
Fino a Zamora un obbligatorio dejà vu per raggiungere il fiume che  incontrai per la prima volta nel lontano 2008 entrando in città attraverso l’antico  ponte di pietra.
Mia intenzione sarebbe stata arrivare a Toro, ma un problema alla bici mi ha costretto a perdere un paio d’ore per farla riparare, oltre al tempo perso lungo la strada perché il guasto consisteva nel fatto che il deragliatore si bloccava, anche se non sempre, quando cambiavo dalla corona grande alla piccola: mi toccava scendere, collocare la catena a mano… e non sempre riuscivo a ripartire, in salita su sentieri pietrosi e con tutto il peso che mi porto dietro, così che me la dovevo fare a piedi, la salita.
A Villaralbo ho trovato un buon albergo a un prezzo onesto, dove non hanno avuto nessùn problema ad accogliere Laila: “Casa Aurelia” da raccomandare a chi viaggia con un cane!

3 settembre 2022. Villaralbo – Nava del Rey. 75 km

Bella tappa, intensa. Fino a Toro e dopo Peleagonzalo ho seguito le indicazioni lungo la strada normale, che in fondo era quasi una ciclabile (prima di Toro ci ho incrociato decisamente più ciclisti che auto), seguendo i buoni consigli ricevuti in albergo. La pista sterrata sarebbe stata impraticabile con la mia bici, avrei incontrato salite dove neanche sarei riuscita a spingerla. E me ne sono accorta! Salire a Toro, per esempio, é stata un’impresa che mi ha riportato a episodi simili del mio passato di cicloviaggiatrice, un misto fra l’ascesa al passo della Novena in Svizzera e il Calvario, si chiamava proprio così, poco dopo Siviglia, sulla via de la plata, dove ad ogni ombra mi fermavo a tirare il fiato. Come adesso. E per lasciare Toro dal ponte ciclopedonale in pietra, un’altra piccola impresa: per superare la stretta distanza fra i paletti all’entrata del sentiero, mi è toccato smontare e rimontare carrellino e borse e portare un pezzo alla volta fino al sottopassaggio della ferrovia.
Il resto della tappa ho seguito la ruta vera e propria, a piedi o in bicicletta, che poi coincidevano e coincidevano pure con il cammino del Levante. Ho riconosciuto il tratto dove ho bucato anni fa percorrendolo. Bellissimo questo percorso, al sole, ma con un venticello piacevolissimo che a volte mi spingeva pure.
Arrivata a Toro, ho sparso un pizzico delle ceneri di Toby nel vuoto verso ” el alcantilado”; un altro pizzico più avanti, nel Duero.
Che bella Toro! La salita per arrivarci vale la pena.
Avrei potuto fermarmi a Castrnuño, circa 25 km prima di qui, ma ho deciso di proseguire, nonostante l’ora si stesse già facendo tarda. Ma le salite erano, quasi, finite e poi a me pedalare verso l’ora del tramonto piace da morire.  Ho trovato una Nava del Rey in festa, difficilissimo trovare alloggio,  ma ho avuto la fortuna di imbattermi nella persona giusta, addirittura la alcaldesa, che ha fatto molte telefonate finché non mi ha trovato una sistemazione … altrimenti, mi ha detto poi, non le sarebbe rimasta altra soluzione che ospitarmi a casa sua. Fortunato il paese che ha una sindaca così!
Unico cruccio: Laila stanotte dorme sola in un garage, in camera con me non è ammessa 

4-5 settembre 2022. Nave del Rey-Simancas-Quintanilla de Onesimo. 70 +52  km

… faticosissimi. Oltretutto scopro di aver girato un po’ a vuoto ieri perché né Nava del Rey né Medina del Campo sono nella senda del Duero. L’equivoco è stato dovuto a due motivi: aver perso ì segnali della senda e l’informazione datami in un bar di Peleagonzalo, l’ultimo pueblo sulla senda, secondo la quale anche Alaejos ne faceva parte e così, una volta raggiuntolo, ho deciso di proseguire fino a Nava. La senda la ritroverò a Tordesillas e da lì la seguirò fino a Simancas. Gli ultimi sette chilometri sono stati brutti, se si eccettua la confluenza del rio Pisuerga nel Duero: tutta a lato dell’autostrada e con un fondo triturareni. Decido di fermarmi a Simancas. Col senno di poi avrei fatto meglio a completare la tappa con i sette chilometri che mancavano fino a Puente Duero che, come scoprirò domattina, sono belli piani e tutti su pista ciclabile. Ma non avrei conosciuto Rosa. È proprio vero, niente avviene per caso.
La salita di ieri a Toro non era niente rispetto a quelle di Simancas. Pendenze impossibili anche su asfalto. Nessuno in strada che potesse darmi una mano,  finché  una donna parcheggiò davanti a me. Le chiesi aiuto e lei mi rispose che aveva già questa intenzione dal momento in cui mi vide salire, o tentare di salire, quella strada. Arrivammo alla piazza, in due è un’altra cosa,  quasi non si fa fatica, e mi aiutò a cercare un alloggio per la notte. Si innamorò di Laila a prima vista e, quando apparve chiaro che nessuna struttura l’avrebbe accolta, accettò di buon grado la mia proposta di ospitarmi in casa sua. C’erano però due problemi: la sua casa è piccolissima e pensava  che la bici non ci entrasse e poi lei ha due gatti. Per bici e bagaglio ho risolto io e Laila ha fatto presto amicizia col gatto maschio, il Pirata, nero e bianco come lei; con la femmina si sono tollerate.
Considero una fortuna avere Incontrato Rosa, certamente non solo perché mi ha offerto un tetto per la notte. Ci siamo trovate. Parlando ci siamo accorte di avere una visione della vita abbastanza simile: sicuramente non ci perderemo. Rosa poi é un’artista, la sua casa è all’insegna dell’aŕt deco. Realizza poi degli arazzi a telaio e  bellissime  copie dei quadri che le piacciono.
La mattina seguente abbiamo deciso di fare insieme i sette chilometri fino a Puente Duero. Io ero distrutta dalle fatiche del giorno precedente, mi sentivo un po’ intorpidita. Inoltre si sono presentati due problemi tecnici al carrellino di Laila che mi hanno fatto ritardare ulteriormente la partenza da Simancas per cui avevo pensato di prendermi un giorno di “vacanza”. Infatti, solo 52 chilometri percorsi, ma é stata una giornata piacevolissima. Per fortuna non ho dato retta a miss Google non appena mi sono resa conto che nei quattro chilometri che mi diceva di percorrere avrei dovuto sputare l’anima per avanzare sul fondo sempre più sabbioso di una pineta.  Tornata indietro, sarà un automobilista di passaggio che mi darà l’informazione giusta per raggiungere la senda del Duero, in uno dei pochi tratti ben tenuti. Àpprodata a Quintanilla de Onesimo, essendo già le sette passate, cerco alloggio. Chiedo ad una coppia di passaggio, si ferma anche una giovane signora, Patricia, che si dà molto da fare per aiutarmi. Telefona agli alberghi locali, ma sono carissimi: uno chiede 78 euro, l’altro addirittura 110, 120 col cane. Non posso permettermi questi prezzi. Mi danno il numero dell’alcalde per vedere se mi possono alloggiare in una delle strutture comunali: non risponde. Patricia telefona a Monse, una consigliera sua amica che riesce a recuperare la persona che ha le chiavi del “silos”, che assomiglia molto, ed ha lo stesso utilizzo, al salon multifunciones di Faramontanos.  Ottimo e abbondante, però non c’è la doccia. Patricia mi offre di farla a casa sua dove Laila trova un amico nel loro cagnolino. Loro perché nel frattempo arriva anche Sandra, la sorella di Patricia,  incintissima all’ottavo mese. Patricia, gentilissima, mi accompagna al silos, prende accordi col bar perché mi diano da mangiare anche tardi.  Arriviamo, la persona con le chiavi mi spiega un po’ di cose e mi sistemo.  Mentre sto cenando, bocadillo y clara, riappare Patricia. Con il mio zainetto Camelbak in cui tengo tutte le cose importanti che sarebbe veramente un guaio se le perdessi. L’avevo dimenticato a casa sua e neppure me ne ero accorta!

6 – 7 settembre 2022. Quintanilla de Onesimo – Fuentecen – Landa de Duero. 65 + 72 km Dannata senda del Duero! Un’alternanza di tratti ben tenuti e di altri che… lasciamo perdere! Guarda caso su questi non ci passa nessuno. In tutto il giorno ci ho incontrato un uomo che correva e un vecchietto che, poverino, mi ha dato una mano ad uscirne, aiutandomi prima con una riparazione di fortuna del portapacchi e poi a spingere la bici, senza carrellino, su per un’erta salita su sterrato. Entrambi erano vicini ad un pueblo. Evidentemente la gente di qui, se la conosce, la evita. Almeno sei o sette volte mi é toccato separare il carrellino dalla bici per poter superare, faticando al limite delle mie forze e forse un po’ oltre, i tratti in salita, brevi, solo pochi metri, ma rapidissimi. Finché non mi sono trovata davanti una piccola frana, nel superare la quale la bici, senza carrello, ma con tutto il pesante carico, é finita nella scarpata. E menomale che avevo pensato bene di passare sul lato interno a spingerla, altrimenti mi sarebbe franata addosso e non so con quali conseguenze. Tirarla su é stata un’impresa e, alla seguente salita da superare, la bici non avanzava, c’era qualcosa bloccato. Pensavo fosse il carrellino, ma no, era la ruota posteriore perché,  nella caduta, il portapacchi si è  spezzato. Il vecchietto mi ha dato il consiglio giusto: tagliare un pezzo di filo arrugginito da una recinzione lì vicino per tenere provvisoriamente al suo posto il portapacchi. Domani, ad Aranda del Duero che ormai dista poco, troverò un ciclista.
Oggi sono passata attraverso varie fasi. Fase turista in cui ho visitato l’abbazia di San Bernardo, preso un caffè al bar del lussuoso albergo in cui l’hanno trasformata, comprato un magnetino e, a Pesquera, sosta pranzo in un bar della Plaza Mayor. Poi, mi sembrava di stare partecipando al Camel Trophy, prima di arrivare a sentirmi un po’ come gli esploratori del diciannovesimo secolo che nelle foreste africane dovevano affrontare ogni tipo di difficoltà. Vabbè, niente leoni o coccodrilli qui, ma neanche la spedizione con i portatori negri: io posso contare solo sulle mie forze. Uscita dall’inferno della senda, arrivo a Peñafiel da un bel cammino in buona parte in pineta.  Mi dicono che o mi fermo qui o fino ad Aranda del Duero non ci sono alloggi. Ma c’è un’area di servizio alla gasolinera di Fuentecen, più o meno a metà strada, dove si può fare la doccia e accamparsi. Infatti sono accampata: prima notte in tenda in un’area in pineta che l’ayuntamento ha attrezzato con giochi bimbi, tavoli di legno e perfino un bagno, aperto! E anche l’illuminazione fino a ora tarda! Cena al bar della gasolinera dove un ragazzo si innamora di Laila dopo averle inavvertitamente pestato una zampina ed arriva a propormi di vendergliela! Giammai! Mi sveglio davanti a un’alba spettacolare. Il bar apre alle sette; alla luce della lampadina Decathlon inizio le operazioni di smontaggio e anche qui spargo un pizzico delle ceneri di Toby: sicuramente gli sarebbe piaciuto un sacco questo posto

Così sono partita di buon’ora e, alle dieci ero già ad Aranda del Duero. Un uomo con un border collie, Zac, mi ha spiegato dov’era un buon ciclista, proprio davanti alla cattedrale. Ci vado. I ciclisti sono una coppia sposata, lei, Pilar, é bravissima, meglio di un uomo dice suo marito. Non hanno in portapacchi nuovo che si possa adattare alla mia bici, bisogna inventarsi qualcosa per aggiustare questo. Inoltre la pastiglia del freno davanti é quasi andata: cambiarla! Come arrivo, un piccolo incidente: Laila, come la faccio scendere dal carrellino, si esibisce in una pipì chilometrica nel negozio. Chiedo scusa e chiedo dello scottex per pulire, ma Pilar, per fortuna minimizza e pulisce lei col mocho. La riparazione richiede tempo per cui vado a prendere qualcosa al bar a lato e, seduto con Zac a un tavolino, ritrovo il signore di prima che sta aspettando un’amica. Mi siedo con lui, arriva l’amica, chiacchieriamo e mi consiglia di munirmi di pastiglie per Laila in caso di morsi di insetti. Mi accompagnano da un veterinario che però le sconsiglia.  In compenso ne approfitto per mostrargli il libretto sanitario di Laila e così facciamo la terza dose del vaccino e per un anno stiamo tranquille.
Nel frattempo i ciclisti hanno sistemato la Lola. Pilar, gentilissima, mi dà un po’ di indicazioni sulla senda e su dove cercare alloggio. Dovrei arrivare a San Esteban de Gormaz e lì lei ha dei conoscenti. Mi dice di chiamarla se non riesco a trovare alloggio.
Sulla strada per San Esteban faccio una sosta in un bar di Vadocondes, bella cittadina dove ritrovo il Duero. E la senda, ahimè. Tutto bene lungo il fiume, vabbè, anche qui ho dovuto sganciare una volta il carrellino, ma il problema si è presentato quando la senda è diventata un sentiero tra i campi, verso Guma. Il solito latifondista arrogante (mi ha detto un signore incontrato più avanti che quei terreni sono tutti di proprietà della stessa persona) ha piazzato un enorme innaffiatoio con le grandi ruote centrali proprio nel mezzo del sentiero.  Non si passa e, lateralmente, erano stati scavati due lunghi fossati larghi e profondi una quarantina di centimetri in entrambe le direzioni e per tutta la lunghezza del campo. Per passare mi sono riempita scarpe, bici e carrellino di fango. Ero nera. Ho telefonato alla Guardia Civil, ma non sapevano nemmeno dove si trovassero questi paesi. Siamo alle solite! Ormai ho capito che esistono due Spagne, quella evoluta, forse anche troppo, in cui tutti i diritti civili sono garantiti, compresi quelli discutibili tipo utero in affitto, comunque con cultura ed educazione, e la “España profunda”, come la chiamano qui: gente gretta, ignorante, arrogante, magari anche benestante, ma incapace di esprimersi se non infilando una bestemmia dietro l’altra intermezzata da qualche parola normale. E di solito non hanno niente da dire, parlano tanto per dare aria alla bocca. Questi abusi continuano perché le autorità lasciano correre, come quello che è successo al mio povero Toby senza che il padrone dei cani che l’hanno ucciso subisse la minima conseguenza penale.
Decido di abbandonare la senda del Duero, non ho mica ammazzato nessuno per ammazzarmi io, e magari non solo metaforicamente.
Passo per La Vid dove c’è un altro antico monastero con hospederia. Mi dicono che non é caro dormirci, infatti mi costerebbe 55 euro, ma Laila non è ammessa. Ci sono ancora i monaci, sono agostiniani mi dice la receptionista. Peccato, le rispondo, fossero stati francescani un cagnolino l’avrebbero accolto. Magari.
Poi é la volta di Langa de Duero. C’è l’indicazione di una casa rural, ma prima c’è un bar con una promettente P. Entro e chiedo se P sta per pensione. Sì, ma niente cani, e nemmeno alla casa rural, mi dicono. Proseguo verso San Esteban e dopo circa cinque chilometri vedo una gasolinera. So che non hanno un hostal perché il cartello che la annunciava recava il simbolo delle posate, non del letto, però màgari si può fare il bis di ieri sera. Ormai sono quasi le sei ed ogni lasciata é persa. Blanca, l’addetta, é gentilissima, mi offre di piazzare la tenda sulla piazzola, poi però telefona a qualcuno e mi annuncia di avermi trovato un hotel a Langa. Non voglio tornare indietro, le dico, ma lei mi dice di prendere ciò che mi serve che mi ci porterà in macchina. La bici la posso lasciare lì e domattina qualcuno dell’hotel mi riaccompagnerà. Ok, spero solo che non sia troppo caro, ma ormai… Beh, caro non lo era di sicuro, era completamente gratuito, ma non era un hotel e ad aspettarmi c’era la Guardia Civil.  Non é che mi ospitassero in prigione, che magari mi avrebbe riservato qualche confort in più: “El bodegon” non era il nome di un hotel, ma del solito salone dell’ayuntamiento ad uso feste o altri eventi pubblici. C’è un bagno, ma niente doccia e soprattutto niente letto, nemmeno spartano. E fa pure freddo. Che notte mi aspetta? Telefono a Blanca che, per fortuna, deve passare di qui per tornare a casa sua: mi porterà materassino, sacco a pelo e un asciugamano. Tornata la pattuglia della Guardia Civil a prendere i miei dati, vado a cenare al bar/pensione, già preparata a passare la notte sul materassino Decathlon disteso su tre panche affiancate, quando la figlia dei proprietari, che, qualche ora prima mi avevano rifiutato alloggio, è venuta ad annunciarmi tutta contenta di essere riuscita a convincerli ad accogliermi. Povera, cara ragazza! Come mi confiderà sua madre la mattina dopo, é nata con una grave malformazione al cervello e dopo varie operazioni ora vive una vita accettabile. Solo, e si vede, é rimata molto infantile. Le piacciono i cani, ha anche lei una cagnolina, Linda e, anche questo è evidente, ha un cuore grande. Così stanotte si torna a dormire in un letto.

8 – 9 – 10 settembre 2022. Langa de Duero-Calatañazor-Soria-Matalebreras. 60 + 30 + 50 km

Totale 140 chilometri in tre giorni. Pochini, ma in un cicloviaggio non si può ragionare solo in termini di chilometri da percorrere al giorno. A volte bisogna ridurre, o fermarsi. Mi sono innamorata di Soria e, nonostante ci fossi arrivata nel primo pomeriggio mi sono detta che, se avessi trovato un alloggio, mi sarebbe piaciuto passarci qualche ora girandomela a piedi. L’alloggio l’ho trovato, e che alloggio! Un delizioso appartamentino a due passi dalla plaza Mayor, in casa d’epoca, ristrutturato con molto gusto, allo stesso prezzo dell’hotel nel quale la stessa proprietaria non poteva accogliere Laila. Si è pure tenuto un concerto niente male sotto casa nelle prime ore della notte. Ed ho pure avuto un’ottima guida che mi ha fatto visitare la città: Andrea, italiano trasferitosi in Spagna da ormai molti anni. Gli racconto di Toby; capisce il mio dolore, a lui qualche anno fa è morto di tumore un figlio di 24 anni. Quello della morte di un figlio è sempre stato il mio terrore più grande; Toby era come un figlio, ma non c’è paragone. Penso, e forse glielo dico, che se la morte di Toby è stato il più grande dolore della mia vita, dall’alto dei miei quasi 67 anni, mi posso dopotutto ritenere fortunata. Anche se non passa un giorno senza che pianga per lui. Nel lasciare Soria spargerò nel Duero un po’ delle sue ceneri.
Bellissima città Soria, ricca di storia: qui vicino ci sono i siti archeologici di Numancia e di Calatañazor, dove ho dormito ieri in un hostal sulla strada, ma senza visitarlo. Questi siti archeologici sono roba per addetti ai lavori, ciò che si vede sono un po’ di antiche pietre alle quali è di solito abbinato un museo con i reperti trovati. E si spiega l’arcano dello strano cavallo di metallo, tutto bucherellato, che decora l’autostrada del Duero: è il cavallo di Soria,  il più importante reperto ritrovato a Numancia come mi spiega Maria, la proprietaria dell’hotel e dell’appartamento, che mi vende anche il magnetino del cavallo. Ma Soria è anche una città moderna, viva, piena di siti istituzionali (mi dice Andrea che 5.000 dei suoi circa 70.000 abitanti sono funzionari), pulita, ben tenuta. Raggiungo il centro da passerelle ciclopedonali che ti fanno attraversare senza rischi la qui trafficata N122 e da piste ciclabili che attraversano o costeggiano bei parchi… l’impressione è di essere già in Francia.
In questi giorni sono passata da un paio di cittadine, o città, notevoli. La prima è stata San Esteban de Gormaz, un bel paesone con due belle chiese romaniche rigorosamente chiuse. In festa. La plaza Mayor era decorata con migliaia di bandierine colorate, c’era la banda, la miss, tanta gente per strada. Se, invece di fermarmi a Langa del Duero, ci fossi arrivata la sera prima, mi sa che non avrei trovato alloggio.
Da San Esteban de Gormaz a El Burgo de Osma, una piccola, bellissima città sul camino del Cid che avevo incontrato ad Alcubilla del Marques. Ci arrivo scegliendo inopinatamente (miss Google mi consigliava un’altra strada e stavolta avrei fatto bene a darle retta) la strada abbandonata che corre parallela all’autostrada. Peccato che, seguendo il profilo delle colline ci fossero begli strappetti in salita con fondo di asfalto sbriciolato per superare i quali ero costretta a separare il carrellino dalla bici. Una di queste operazioni ha richiesto un tempo lungo per trascinare la bici e, a un certo punto, mi vedo raggiungere da una Laila “nuda”: era riuscita a liberarsi dalla pettorina, forse aveva paura che l’abbandonassi.
A El Burgo de Osma incontro due cicloviaggiatori olandesi con bici assistite che andavano a fare il cammino del Levante. Secondo me, avranno dei problemi a caricare le bici, conosco bene quel cammino!
Mi dirigo a Soria dalla N122, con un buon “puerto” da superare, così che,  come mi si para davanti l’hostal Venta Nueva, abbinato alla solita gasolinera, e riesco a convincerli ad accogliere Laila, non ho dubbi: a Soria ci arriverò domani.

Lascio Soria stamattina scendendo verso il Duero. C’è ancora la senda, ma qui é un altro mondo: ben tenuta, con fondo di terra liscia e pedalabile, ponticelli di legno,  passerelle sospese sul Duero. Mi visito un altro monastero, San Juan …, la cui caratteristica principale è il bellissimo chiostro, unico nel suo genere. Si paga un biglietto, ma non nel weekend e oggi e sabato: a volte la legge di Murphy non funziona! La senda mi scarica a Garray, praticamente Numancia, che non visito. Oltretutto ci sono già stata; visito invece il bar per la sosta pranzo mia e di Laila.  A Velilla de la Sierra,  pochi chilometri dopo, un pezzo mancante di un dosso artificiale mi fa sbandare e finire di testa nella scarpata. Giuro che per un istante ho pensato questa è la fine, ma non era poi cosi grave: non ho battuto la testa, mi sono solo ritrovata seduta un po’ scorticata tra le ortiche. Salgo a chiedere aiuto in una casa un paio di tornanti più su da cui provengono delle voci. Due uomini scendono in macchina mentre le donne si occupano di me, mi fanno lavare le ferite con un sapone disinfettante, mi invitano a fermarmi a riposare. Nel frattempo arriva Laila che anche stavolta è riuscita a liberarsi. Quando scendo i due uomini hanno già rimesso in strada la Lola: foto ricordo e si riparte. Con le cosce doloranti, tanto, per la caduta. Riesco a raggiungere la N122, dopo aver sbagliato strada ed essermi fatta un chilometro di salita gratis. La mia destinazione era Argeda, ma quando incontro questo hostal, sempre accanto alla gasolinera, riesco a convincere la proprietaria ad accettare Laila e alcuni avventori mi dicono che ad Argeda non c’è niente, decido di fermarmi qui. La proprietaria mi dà anche due pastiglie di Ibuprofene per lenire il dolore… e mi sembra che stia funzionando.