Ritorno a Faramontanos

15 Agosto 2022 0 Di wp_1499909

21 luglio – 11 agosto 2022

Non volevo scrivere niente prima del cicloviaggio vero, ma anche il viaggio bici + traghetti + treni per arrivare qui merita di essere ricordato. Dunque. Sono partita in treno da Magenta, con la Kūbiňa allestita con borse e cestino con Laila, la cucciolina sorella di Toby, alla volta di Torino, dove mi aspettava l’amica Alessandra con la quale il giorno seguente sarei andata al concerto di Branduardi al forte di Bard. A Torino ho scelto di arrivarci in treno perché è ormai per me un percorso troppo dejà vu, tanto poi ci saremmo ritornate e allora mi sarei fatta Torino – Savona in bici che è in buona parte una novità: mai ripetersi! 😀 Sono stati giorni magici, soprattutto quello del concerto in cui abbiamo avuto l’opportunità di incontrare Angelo al bar del forte, passare alcune ore con lui a parlare di tutto… ci ha pure invitate a pranzo. Dire poi che il concerto, la musica di Angelo Branduardi, accompagnato da una band di quattro musicisti, nella cornice del forte di Bard è stato qualcosa di magico va da sé.

Torino -Genova


Bella la pedalata Torino-Savona, un attraversamento dell’Appennino dopotutto abbastanza dolce; quasi piana fino a Dogliani dove ho trovato, con un colpo di fortuna, alloggio in un albergo gestito da una simpatica coppia, con cena e colazione a base dei prodotti del loro orto. Le salite le riservo per il giorno dopo, ma alla fin fine non sono poi così dure. Il colle di Cadibona mi scodella a Savona dal cui porto ho letto che partono traghetti per la Spagna. Errore: partono, ma solo per gli autotrasportatori, niente passeggeri. Ormai è tardi per andare a Genova e così raggiungo in treno Alessandra a Sanremo dov’ è in vacanza con la mamma, una signora molto simpatica. Nessun problema tra Laila e il loro gatto; la mattina seguente con Alessandra ci siamo fatte un bagno nel mare di Sanremo e poi via, dapprima sulla bella ciclabile Sanremo-Santo Stefano adesso prolungata fino a Imperia e da lì a Diano Marina dove Laila ed io abbiamo preso il treno per Genova. Al terminal traghetti i miei sospetti trovano conferma: il primo traghetto per Barcellona parte giovedì 29 e oggi è martedì. Tre notti a Genova anche no, me ne vado a Palermo, ho deciso, così mi faccio qualche giorno in Sicilia e, cosa che già mi frullava per la testa, vado a vedermi un altro concerto di Angelo, in duo con Fabio Valdemarin, atmosfera e repertorio diversi da quello di Bard: mi accorgo di essere un po’ in crisi di astinenza, devo recuperare!


Palermo – Catania


E così, senza pensarci due volte, faccio il biglietto per Palermo e mi imbarco. Sulle GNV, fino all’anno scorso tolleranti in fatto di cani, sono diventati rigidissimi. Nelle sale poltrone come in tutti gli spazi interni non sono ammessi. Mentre con Toby avevo dormito sui divanetti del bar, adesso con Laila non mi lasciano entrare nemmeno per prendere un caffè. L’altoparlante invita i proprietari di cani a richiedere il lucchetto per le gabbie alla reception. Ma figurarsi! Mettere in gabbia un cucciolo di tre mesi e mezzo! Dormirò su una panchina sul ponte insieme ad altri padroni di cani, con un vento che ti porta via ogni cosa. Va meglio a Laila, protetta nel suo cestino tecnico della bici che all’occorrenza diventa una culla.. amore! ❤ Sbarcata a Palermo, trovo alloggio in un hostal vicino al porto e al centro: doccia, di cui sentivo un estremo bisogno, cena con arancina e cannolo siciliano (il massimo), nanna e domani si pedala. Fino a Cefalù, uno dei posti più turistici, e più cari, di questa costa. L’altra volta che ci ero venuta avevo alloggiato dalle suore, dormendo a fine novembre con la finestra spalancata su una scogliera contro cui si frangevano le onde illuminata dalla luna: magico! Pensavo di ritornarci quando, all’entrata di Cefalù, ho avvistato l’indicazione di un campeggio. Sono senza tenda, ma magari mi affittano un bungalow. Macché, sono casette di legno carinissime (e, sospetto, carissime), ma non ce n’è nessuna libera. Però, se voglio, posso dormire su un’amaca al prezzo della sola entrata, 8 euro. Voglio! Ma la mattina mi sveglio coi crampi ai polpacci. Seconda tappa siciliana: Acquedolci. Trovo un bel b&b e domani si comincerà a salire. Il concerto è a Zafferana Etnea e il nome dice tutto. Ci arrivo in due giorni. La prima notte dormo a Floresta, 1275 msl, il paese più alto della Sicilia. In una delle soste all’ombra sulla salita chiamo Angelo, annunciandogli che andrò a vederlo anche in Sicilia. Gentilissimo, mi dice che sarò loro ospite e che troverò un biglietto a mio nome all’anfiteatro. Per un po’ non sento più neanche la salita, sono troppo contenta!

Pensavo che il peggio fosse passato, invece.. Forse ho pure scelto la strada sbagliata perché a Milo ci sarei dovuta arrivare scendendo e non salendo, ma che strappi ragazzi! Tappa durissima. Con l’aiuto del proprietario di un negozio di Zafferana e di un amico che era con lui, gentilissimo, riesco a trovare un b&b non troppo caro e che accetta Laila: lo prenoto per due notti. Ho tutta la giornata da passare a Zafferana, il mare davanti a me è invitante, ma, mi dice la simpatica proprietaria del b&b, per raggiungerlo ė tutta discesa… che si trasformerà in tutta salita al ritorno. Grazie no. Mi visito Zafferana, che è una bella cittadina, compro una borraccetta per Laila in un bazar cinese e, siccome balla nel portaborracce, compro anche una striscia di elastici per capelli per tenerla ferma.. non sapendo che mi avrebbero “risolto”, qualche giorno dopo, una situazione incresciosa. Arriva finalmente la sera, con Laila mi avvio all”anfiteatro… il suo primo concerto, eh sì, perché essendo uno spazio all’aperto i cani li lasciano entrare.
Ancora più magico, più intimo, questo concerto. Tanto Futuro Antico (in una canzone si parlava di tramonti etnei e Angelo l’ha sottolineato) e ho risentito “Confessioni di un malandrino” che non canta più in tutti i concerti. Alla fine voglio andarlo a salutare, ma come? C’è il solito capannello di gente in attesa che esca. Lo chiamo al telefono che squilla a vuoto. Non ho neppure il tempo di riflettere sul da farsi che mi richiama lui… un vero tesoro, un vero gentlemen Angelo ❤ “Antonella, come facciamo a farti entrare? Ti mando l’Alessandra, ha una camicetta bianca”. Alessandra, una sua collaboratrice, compare quasi subito e mi introduce nel camerino degli artisti. Angelo è seduto su un divano con ancora indosso gli abiti di scena, accanto a lui sono distesi in bell’ordine i suoi vestiti e Laila cerca immediatamente di impadronirsi dei calzini, la sua passione, con Enrico, l’autista, che cerca di impedirglielo. La fotografano tutti, Alessandra, Fabio Valdemarin, Enrico: anche lei è una piccola star.
Il giorno dopo, martedì, Catania. Bello il percorso, quasi tutto in discesa, finalmente. Gioacchino, che mi aveva ospitaro per tre giorni nella sua casa di Agira durante il mio primo cicloviaggio da pensionata, legge alcuni miei post su Facebook e mi invita ad andare da lui. Che bello! Non l’avevo contatrato perché sapevo che aveva finalmente comprato il camper che desiderava da tempo e lo pensavo in giro con esso. Invece era a casa. Un vero signore anche Gioacchino: ha sopportato senza batter ciglio i piccoli disastri che un cucciolo, anche se sorvegliato a vista, può fare in una casa, soprattutto in una casa ben tenuta come la sua. Solo, mi ha chiesto di tenere chiusa la porta della mia stanza perché l’aria calda che entrava dalla finestra aperta non gli rovinasse i 23° impostati sul climatizzatore. È venuto a prendermi a Catania, mi ci ha riaccompagnata due giorni dopo a prendere il treno per Palermo nel cui porto la sera del 4 agosto dovevo imbarcarmi per Genova e da li per Barcellona. Grazie Gioacchino, mi ha fatto davvero piacere rivederti.

Palermo – Genova – Barcellona


In questo periodo i traghetti GNV sono sempre in ritardo, e mica di poco! Quello con cui sono arrivata in Sicilia aveva quasi tre ore di ritardo, questo partiva già con tre ore di ritardo annunciate da un SMS della compagnia. A Genova sarei stata ospite di Mariangela, amica di amici pellegrini, che non avevo ancora avuto il piacere di conoscere personalmente. Già sapeva che sarei arrivata verso le dieci di sera, ma con questo ritardo arriverò non più la sera del 5 agosto, ma la mattina del sei! Le mando un Whatsapp per avvisarla e chiederle se per lei questo diventa un problema; mi risponde di no. Grazie Mariangela per avermi ospitato anche senza conoscermi, per la bella persona che sei, per le ore piacevoli passate insieme, per la focaccia genovese. Una carezza al tuo gattone Thor e, se vorrai farti un giro in Spagna, la mia casa sarà la tua casa.
Sulla nave ci sono altri due cicloviaggiatori che avevo già incontrato al check in al terminal traghetti: un napoletano con una bici stracarica in modo arruffato e una ragazza straniera. La ragazza non la vedo, ma con il napletano, Luigi, condividerò il viaggio al punto che, prima di sbarcare a Barcellona, mi propone di fare un tratto insieme così può imparare da me i “segreti” del cicloturismo essendo lui alla sua prima esperienza. Vabbè, passiamo la notte a Barcellona e domani facciamo il punto. Ma la notte a Barcellona la passerò da sola, in un hostal “muy cutre” però ben caro sulla rambla perché Luigi, che aveva detto che il prezzo andava bene al momento della prenotazione, durante il tragitto ha fatto perdere le sue tracce e non ha risposto alle mie chiamate. Inoltre ho avuto le mie belle difficoltà a trovarlo ‘sto posto, che non era quello che pensavo di aver prenotato su Booking, ma uno con un nome simile, più centrale, ma lasciamo perdere tutto il resto. Mi è costato la bellezza di 114 euro e menomale che ero sola perché la bici stava in camera e già tenerne una era un problema, figuriamoci con due più tutte le cose sparse che aveva Luigi! Il giorno dopo mi spiegherà con un Whatsapp di essere scappato perché si vergognava di non avere i soldi per pagare questi prezzi. Beh, perlomeno è stato sincero… e se n’è tornato a casa con la prima nave disponibile 😄


Barcellona – Faramontanos de Tabara


Stasera o domani al massimo dormirò finalmente nel mio lettone azul della casa azul y amarilla, pensavo… Stavolta non avevo fatto i conti con i ladri di rame che nella notte hanno rubato i cavi elettrici della linea dell’AVE, mandando in tilt tutto il traffico ferroviario spagnolo. Io non avrei comunque scelto l’AVE, dove la bicicletta va smontata e imballata, comunque con tutti i treni soppressi il posto più lontano dove posso arrivare oggi è Zaragoza. E va beh! Siccome ci arriverò alle nove passate, mi arrischio un’altra volta a cercare una sistemazione per la notte su Booking. Metto il filtro “animali ammessi” e la scelta ricade sell’hotel “El cisne”. Peccato, ma questo con Booking si scopre sempre dopo aver effettuato la prenotazione, che si trovi a 14 km dalla stazione, circa sette fuori Zaragoza. Come ci arrivo? Nessun problema ad uscire dalla città, con piste ciclabili ovunque, un vero esempio di mobilità sostenibile, ma dopo dovrei pedalare lungo il canale di Castiglia e forse anche tra i campi: percorso bellissimo di giorno, ma non al buio e così decido di seguire la nazionale, quasi un’autostrada, con limite di 120 km/h… argh! Mi si affianca un’auto della Guardia Civil, però prosegue per fermarsi ad aspettarmi più avanti in uno slargo. Spiego loro la situazione e sono gentilissimi: conoscono l’hotel e mi scortano standomi dietro. Laila sale in macchina con loro e cosī in men che non si dica arriviamo all’agognato alloggio di stanotte. Tutto bene quel che finisce bene!
Comunue il fatto che l’albergo sia così lontano dalla stazione mi impedisce di prendere l’unico regionale della giornata che parte intorno alle 8.30, considerando che qui fino alle sette del mattino è ancora buio. Per cui decido di raggiungere la fermata successiva, La Almunia de Doña Gudina, a poco più di 50 chilometri. Sì, ma 50 chilometri con il caldo torrido di quest’anno e con un cucciolo, Laila, che potrebbe anche rischiare la vita se mi mettessi a pedalare incurante di lei. Il suo cestino, una roba tecnica naturalmente, si può chiudere rimanendo traspirante, ma è nero così ricorro a uno strofinaccio bianco bagnato fissato con delle spille di sicurezza con la capocchia rosa, trattandosi di una femminuccia ❤, per tenerla fresca. Poi bisogna darle da bere spesso, fare frequenti soste all’ombra… il treno da La Almunia lo prenderò domattina. Menomale che avevo l’intera giornata per arrivarci perché mi si è pure rotto il portapacchi, naturalmente me ne sono accorta, anche perché cozzava contro il disco del freno, nel solito posto fuori dal mondo. Così ho effettuato una riparazione d’emergenza con quello di cui disponevo e una buona dose d’inventiva. Ho legato tra loro i due monconi spezzati e ho assicurato il tutto al resto del portapacchi attaccando gli uni agli altri gli elastici per capelli comprati al bazar cinese di Zafferana Etnea e devo dire che ha retto fino a La Almunia dove c’era un bel negozio di biciclette nel quale, per soli 30 euro, mi hanno sostituito il portapacchi. Ho trovato alloggio in un hotel “de carretera” dove accettavano i cani e dove ho potuto mangiare qualcosa. Un tratto del percorso, 11 chilometri attraverso i Monegros su pista di terra sotto un sole implacabile ha richiesto una sosta di quasi due ore per aspettare che si stemperasse il caldo all’ombra di una casa abbandonata con qualche albero intorno e una provvidenziale vecchia panca di legno. Il mattino seguente mi restano circa cinque chilometri per la stazione di Ricla, una frazione de La Almunia. Ci arrivo tranquillamente, faccio colazione, compro un po’ di frutta da mangiare nel viaggio. Il biglietto no, perché, mi spiegano, si fa sul treno, qui non c’è biglietteria. All’una e qualcosa sono a Madrid, stazione Chamartin, e come prima cosa vado a comprare il biglietto per Zamora. Alla biglietteria mi dicono che devo smontare la bici e metterla in una sacca. La sacca non ce l’ho, ma va bene anche imballarla in plastica. Chiedo se non ci sono treni regionali: no. E se prendessi un autobus? L’impiegato della biglietteria non sa niente degli autobus, ma, sospetto, neanche dei treni, perché se da Chamartin non partono regionali, partono da Principe Pio, come mi verrà detto dopo. Dopo che il capotreno, alla vista della mia bici, dotata di regolare biglietto e da me imballata a regola d’arte nella plastica con le bollicine comprata dai cinesi, mi rifiuta, in modo irremovibile l’imbarco. A nulla valgono le mie suppliche e proteste. Oltetutto un’odiosa addetta all’assistenza viaggiatori mi aveva negato l’uso di un carrello per trasportare tutti i miei pezzi smontati. Mi sono ammazzata di fatica a trasportare prima Laila nel cestino reso pesante dal supporto metallico che lo assicura al portapacchi, poi le due pesanti borse, poi la bici: quello stronzo patentato di capotreno non ha avuto la minima comprensione né compassione per una donna sola che stava sopportando tutto questo. Per fortuna l’addetto ai carrelli che aveva appena trasportato le valigie di una signora, accetta di caricare le mie cose per risalire e recarmi allo sportello reclami a farmi rimborsare il biglietto. Vengo a sapere che quello del carrello è un servizio che va richiesto contestualmente all’acquisto del biglietto: altra cosa che quel pirla che me l’ha venduto non mi ha detto. Eppure avevio la bici, con annesso cane, con me, mi ha pure detto che la dovevo smontare… non ho parole!
La ragazza dello sportello dei reclami invece è gentile e preparata. Riesce a farmi sostituire il biglietto con uno per un treno che sarebbe partito l’indomani alle 6.20, mi aiuta a compilare la “hoja de reclamaciones”, mi informa che i regionali c’erano, ma partivano appunto da Principe Pio. E adesso che faccio? Sono alla stazione, con una bicicletta smontata (e non ti dico quanto mi sia costato farlo): adesso la dovrei rimontare per andarmi a cercare un albergo e poi domattina all’alba rismontarla una volta alla stazione? Naaaa… nemmeno a pensarci! La stazione chiude all’una e riapre alle cinque. Bene: sistemo le mie cose vicino alla porta scorrevole e quando chiudono le trascinerò fuori e aspetterò li che riaprano. Benedico i quasi 80 euro spesi alla Decathlon di Genova per comprare marerassino e sacco-lenzuolo da usare sul ponte del traghetto: anche in questo caso fanno un egregio lavoro. E non sono nemmeno sola: un malcapitato cubano a cui hanno lasciato la valigia in cui aveva messo i soldi a Cuba, mi fa compagnia. Oltre a Laila, naturalmente, la meglio sistemata nel suo confortevole cestino.
E finalmente prendo il treno. Alle otto sono già a Zamora e a Faramontanos ci arrivo nel tardo pomeriggio perché voglio seguire il cammino che si rivela più o meno un bis della tappa dell’altroieri: 42°, però ventilato, pista di terra e pietre su cui si rischiava spesso di cadere e sul quale non incontro nessuno. Mi diranno poi che quest’anno, con questo caldo di pellegrini ce ne sono pochini.