Santoña – Güemes

23 Ottobre 2021 0 Di wp_1499909

18 settembre 2021. 23 km

A volte bisogna fermarsi.
Bisogna fermarsi quando si capita in un posto così, anche se è presto, anche se si sono percorsi pochi chilometri.
Mi era già successo con Tosantos, sul mio primo cammino di Santiago, nel lontano 2006. Avevo letto dell’albergue e del suo hospitalero ed ho voluto entrare a vederlo e mettere il sello sulla credenziale… e non ne sono più uscita anche se avevo percorso solo dieci chilometri, a piedi. Con “La cabaña dell’abuelo Peuto” è successa la stessa cosa. Ci sono arrivata prima delle due dopo soli 23 chilometri percorsi, di cui quattro a vuoto per avere come al solito sbagliato strada ed essermene accorta dopo due chilometri di salita dura. Ne avevo sentito parlare come di un albergue molto particolare e sono salita con l’intenzione di pranzare e sellare la credenziale, anzi, non sono nemmeno salita del tutto: ho legato la Lola ad un albero prima dell’ultimo strappo su terreno erboso. L’intenzione era di arrivare a Santillana del Mar, ma quando ho visto il posto e soprattutto ne ho capito lo spirito, anche se molto combattuta, alla fine ho deciso di fermarmi.
Nessun problema, o quasi con Toby. Il quasi si riferisce al fatto che qui c’è già un cane, anche piuttosto grande, ma per fortuna vanno abbastanza d’accordo, e che nei dormitori o nelle stanze individuali dei pellegrini i cani non sono ammessi. Ci sono però due tende e due casette di legno delle quali me ne viene assegnata una. Non c’è elettricità, ma c’è nei vicini bagni, per cui nessun problema per ricaricare le varie batterie stanotte. Grazie alla mialampadina da campeggio della Decathlon abbiamo l’illuminazione. Abbiamo, non solo Toby ed io, ma anche Veronica, una giovane pellegrina spagnola incontrata poco prima sul cammino, che accetta di condividerle la casetta con me. Si rivelerà un’ottima scelta per entrambe. Alle sette di sera, appuntamento con Ernesto, 84 anni, un prete, nipote, uno dei tanti, del signor Peuto, il quale ha sfornato la bellezza di quindici figli, l’ultima dei quali era la madre di Ernesto, quarto dei suoi cinque figli. È quasi un miracolo che Ernesto sia approdato in questo mondo, cosa da lui sottolineata insieme alla dichiarazione di essere molto contento di essere nato.
Ernesto ha avuto una vita avventurosa, da giovane ha fatto un lungo viaggio in bicicletta, é stato un antesignano dei cicloviaggiatori. Nell’ermita in cui ci ha riuniti ho notato un angolo dedicato al cammino giapponese degli 88 templi. Gli ho detto che io l’ho fatto, pensavo ò’avesse fatto anche lui, invece no, gli hanno solo regalato l’immagine.
In questa lunga chiacchierata ci ha spiegato com’è nato l’albergue. La casa era quella del nonno Peuto, con stalla e tutto,  e si è  formata un’associazione di volontari che l’hanno aiutato a crearlo. A costo zero, dice e, siccome tutto ha una fine, quando non ci sarà più l’albergue ha già pensato di destibare ciò che se ne ricaverà ad aiutare i poveri di qualche paese del terzo mondo. Al termine dell’incontro Veronica ed io andiamo a ritirare le nostre cose pulite e asciugate da lavadora y secadora; nel locale dedicato ritrovo Monica e Myriam, le due giovani pellegrina di Santoña: nella loro lavadora il bucato di ben cinque persone.  Parola d’ordine: condividere.
La cena comunitaria conclude la giornata. Al mio tavolo sento parlare italiano: sono due pellegrine sarde e mi dicono che c’è anche una signora di Milano, anzi, di Bollate.
Insomma, la cabaña di nonno Peuto è uno di quei luoghi dove si ritrova il vero spirito del cammino.